Aldo Palazzeschi

Aldo Palazzeschi

L'incendiario. Col rapporto sulla vittoria futurista di Trieste.
Milano, Edizioni Futuriste di Poesia, 1910.

cm.18,5; pp.292; legatura cartonata con dorso in tela e scritte in oro.

Interessante e rara edizione di uno dei più importanti testi della letteratura futurista, con in fondo al volume anche quattro pagine finali di pubblicità delle edizioni futuriste di "Poesia"; apre l'opera il rapporto sulla vittoria del futurismo a Trieste, praticamente una prefazione, scritto di F. T. Marinetti, a cui segue le fanfare della stampa. Il futurismo e i futuristi difesi da: Silvio Benco, Elda Gianelli, A. Bellotti, P. Arcari, A. Scocchi, V. Cuttin. A. Datta, A. Giacomelli, A. Tamaini, ecc.;
e ancora i significati del futurismo, secondo Paolo Arcari; il futurismo e la satira, scritto di Giulio Piazza nel "Piccolo" (di Trieste); "L'incendiario è dedicato a F.T. Marinetti "anima della nostra fiamma";

Da L'incendiario: "Anch'io sai, sono un incendiario / Un povero incendiario che non può bruciare / E sono come te in prigione. / Sono un poeta che ti rende omaggio,/ da povero incendiario mancato, / Incendiario da poesia. / Ogni verso che scrivo è un incendio."

(dal web) La più futurista tra le raccolte di poesie di Palazzeschi è L'incendiario, pubblicato a Milano con i tipi delle edizioni futuriste di Poesia e con una prefazione di Filippo T. Marinetti. Qui, accanto allo sperimentalismo linguistico, alla dissoluzione del soggetto lirico, predomina il topos del poeta come saltimbanco. La cooptazione nel movimento futurista porta alle estreme conseguenze il divertimento del gioco verbale, la ricerca del non-sense. La poesia si alleggerisce, si svuota, si fa leggera, come l'"uomo di fumo", si fa cantilena e/o filostrocca, la parola si fa aleatoria, oppure si riduce a sequenze di reclame, di slogan pubblicitari. Carlo Bo ha riconosciuto in Palazzeschi uno dei rarissimi spiriti positivi del nostro secolo, un poeta mosso da un profondo «amore della vita», il cui ottimismo traspare nella musicalità dei versi, nell'espressionismo delle onomatopee (v. La fontana malata), nella genialità delle invenzioni ludiche che animano i suoi versi. Abbiamo già avuto occasione di rilevare come tutto ciò venga portato alle estreme conseguenze nel passaggio dalla prima trilogia (I cavalli bianchi, Lanterna, Poemi) a L'incendiario del 1910. Già il titolo della raccolta è strettamente legato alla mitologia futurista ed i temi del "fuoco" e dell'"incendio" assumono una valenza simbolica forte nei manifesti futuristi, dove il riferimento agli "allegri incendiari", ai "grandi poeti incendiari" ricorre frequente.

Palazzeschi... sul finire del 1909 entra a far parte della schiera dei futuristi e consegna personalmente a Marinetti il nuovo libro dal titolo provvisorio Sole mio che sarà poi L'incendiario pubblicato nella primavera del 1910 dalle edizioni futuriste di Poesia. Partecipa alla memorabile serata futurista al Politeama Rossetti di Trieste e, pur con qualche riluttanza, ad altre manifestazioni futuriste assai turbolente. L'atteggiamento di Palazzeschi nei confronti delle istanze futuriste è quindi da guardarsi con cautela e se da un lato la sua adesione, anche se per pochi anni, è reale e fattiva, si deve osservare come d'altro canto il suo accostamento all'esperienza futurista e all'attivismo marinettiano non è altro che una conseguente continuazione della sua linea eversiva, già presente nel suo intendere la poesia, che diventa azione demolitrice dei nessi sintattici, superamento delle coordinate di tempo e di spazio ma conservando sempre un tono burlesco e canzonatorio soprattutto nei confronti di tutto ciò che appartiene al passato come «le vecchie/reliquie tarlite/così gelosamente custodite/da tanto tempo!». Le sue parole in piena libertà trovano testi esemplari nel già ricordato E lasciatemi divertire ma più in generale Palazzeschi sostituisce il lazzo al sospiro per contaminare il tono elegiaco con lo sberleffo
"Il poeta futurista Aldo Palazzeschi" di Filippo Tommaso Marinetti:
"A forza di conferenze, di declamazioni e di pubblicazioni, noi futuristi siamo riusciti a far proclamare in Italia l'ingegno originalissimo e la personalità eccezionale del poeta futurista Aldo Palazzeschi. I critici però dichiarano, con miopia intellettuale o con malafede, che Palazzeschi «non è futurista». Spieghiamoci dunque sul significato esatto di questa parola. «Futurismo» vuol dire anzitutto «originalità», cioè ispirazione originale, sorretta e sviluppata da una volontà e da una mania di originalità. «Movimento futurista» vuol dire incoraggiamento assiduo, organizzato, sistematico dell'originalità creatrice, anche se apparentemente pazza. Non si tratta dunque di una influenza deformatrice esercitata sul libero spirito di un poeta, ma bensì di un'atmosfera antitradizionale, anticulturale, spregiudicata, nella quale questo libero spirito ha potuto osare, sentirsi compreso, amato, in quanto era solo, tipico, indigesto a tutti, beffeggiato dai critici e ignorato dal pubblico. Ecco ciò che lega il grande poeta Aldo Palazzeschi al futurismo, scuola, se volete, ma scuola nella quale s'insegna a ribellarsi, a essere originali, indipendenti. Una scuola che mi fa pensare a una certa caverna di Belgrado, dove vidi un capo macedone dare quotidianamente delle lezioni di lancio di bombe. Non vi è al mondo un lanciatore di bombe intellettuali più sicuro di Aldo Palazzeschi."

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